Principi della fonia

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Contributo di HomeStudioItalia a cura dell’utente Zoro

CATENA SONORA E CARATTERISTICHE DEL SUONO

Con catena sonora si intende quel ciclo composto da una sorgente sonora, un mezzo di trasmissione e un ascoltatore.

Con sorgente sonora si intende un corpo rigido elastico che vibra in quanto sollecitato, e vibrando genera delle onde di pressione che si propagano nel mezzo di trasmissione (per esempio l’aria) dando luogo a zone di compressione e rarefazione (in quanto l’aria è un mezzo elastico), che infine raggiungono un ascoltatore (membrana sensibile che riceve le vibrazioni che vengono poi interpretate dal cervelli).
Queste onde infinitesimali generano sia suoni armonici che inarmonici.
La differenza tra armonici e inarmonici risiede nel fatto che i primi possono essere ricondotti ad un altezza/nota definita, in quanto scaturiscono da onde di pressione periodiche, e quindi da vibrazioni periodiche.

Viene definito ciclo quella porzione d’onda che descrive valori sempre diversi, ed è dato dalla fase ascendente (compressione) e dalla fase discendente (rarefazione).
La porzione di forma d’onda si ripete costantemente nel tempo, e la durata di un ciclo viene detta periodo (T).
Il numero di cicli ogni secondo si chiama frequenza (f). e si misura in Hertz (hz), e determina l’altezza di un suono: più il suo valore è alto più il suono è acuto, più è basso più il suono è grave.

Con velocità del suono si intende invece la velocità con cui un suono si propaga in una determinata sostanza, ed è una caratteristica del mezzo di trasmissione.
Questa caratteristica è indipendente dalla frequenza, mentre invece è soggetta a variazioni a seconda della pressione e dell’umidità in cui il suono si propaga. Nell’aria la velocità del suono è la seguente Vs = 330 + 0,5 t (m/s) in cui t corrisponde alla temperatura (nell’aria di 20°).
Infine la lunghezza d’onda è la distanza tra due punti ripetitivi di una forma d’onda, ed è inversamente proporzionale alla frequenza. Si calcola in questo modo λ = Vs / f (m). Per attenuare frequenze di un onda di pressione necessito di ostacoli con dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda di tali onde.

Le caratteristiche di un suono oggettive, e quindi misurabili, sono ampiezza, frequenza e spettro, e corrispondono, in base alla nostra percezione a volume (intensità sonora), altezza (tono) e timbro (tipo di suono).

CATENA SONORA ELETTRONICA

SI ottiene una catena sonora elettronica quando vengono introdotti in una catena sonora dispositivi in grado di captare, elaborare e diffondere l’onda sonora.
Riassumendo, le tappe che il suono percorre sono fonte sonora, trasduttore, mixer e outboard (tutti quei macchinari che circondano il mixer), per poi arrivare alla diffusione, oppure alla registrazione, e infine all’ascoltatore.
Il trasduttore è un dispositivo che trasduce (trasforma) un fenomeno in un altro.
Il microfono dinamico è il trasduttore per eccellenza in quanto trasforma un fenomeno acustico in elettrico. E’ un dispositivo passivo (non necessita di alimentazione) il cui cuore è la capsula, a sua volta composta da tre elementi: membrana, bobina e magnete.
La membrana è la parte sensibile che simula il timpano, e trasmette la vibrazione che riceve alla bobina, che a sua volta vibra attorno al magnete modificandone il campo magnetico e creando quindi una tensione elettrica (in quanto movimento + magnetismo = elettricità)
Il pick up è un altro tipo di trasduttore, sempre passivo e tipico delle chitarre. La parte metallica visibile altro non è che la sommità del magnete, che è attaccato alla bobina. Quando la corda vibra modifica il campo magnetico.
Entrambi questi trasduttori generano un segnale microfonico in quanto dispositivi passivi.

1. FULL RANGE (nei sistemi di diffusione tradizionali): Dalla sorgente fuoriesce un segnale mic/line diretto al mixer, da cui uscirà poi un segnale di linea diretto verso un amplificatore di potenza. Il segnale di potenza uscente viene mandato tramite uno speakon 2 poli al diffusore, al cui interno trova un crossover passivo, che divide lo spettro in due o più bande di frequenza, mandando le frequenza basse al woofer e le alte al tweeter. Il segnale viene definito Full Range in quanto abbraccia tutte le frequenze dell’udibile e l’amplificatore porta tutta la banda al diffusore, mentre nella biamplificazione viene portato al diffusore lo spettro già separato.

2. BIAMPLIFICAZIONE: Dalla sorgente fuoriesce un segnale mic/line diretto al mixer, da cui uscirà poi un segnale di linea diretto verso un crossover attivo (lavora segnali di linea e tramite questo dispositivo si può guadagnare sulla banda, come se fosse una sorta di equalizzatore). Il crossover divide lo spettro in HI e LOW (entrambi di linea), e questi segnali vengono mandati a due diversi amplificatori di potenza. I segnali di potenza uscenti vengono mandati tramite un cavo multipolare di potenza (un cavo che porta due segnali) al diffusore, composto da tweeter (cassa per gli alti ) e woofer (cassa per i bassi). Il collegamento avviene tramite uno speakon 4 poli. Con la biamplificazione si ottiene una maggiore efficienza del sistema in quanto 1) ho due amplificatori per due altoparlanti, e quindi ogni altoparlante sfrutta al massimo la potenza dell’amplificatore 2) non essendoci il crossover passivo non ho una perdita di potenza nel segnale. La biamplificazione ha un costo più elevato.

3. TRIAMPLIFICAZIONE: Viene aggiunto un Sub Woofer (per freq dai 20 ai 120 hz), di conseguenza il crossover ha tre uscire. La terza uscita va in un terzo amplificatore, e poi in una cassa tramite uno speakon 2 poli.

4. QUADRIAMPLIICAZIONE :Caratterizzata da un crossover con quattro uscite, e quindi da quattro amplificatori separati. I diffusori sono con tre altoparlanti (woofer, mid, e tweeter) e si ha la presenza esterna di un soobwoofer. Si utilizza uno speakon 8 poli di cui due restano inutilizzati.

TIPI DI SEGNALE ANALOGICO

1. MICROFONICO (0 < V < 0.075) : Generato da dispositivi passivi, è un segnale molto debole, dell’ordine di grandezza dei millivolt (unità di misura elettrica)
2. DI LINEA (0,075 < V < 24,5): Generato da dispositivi attivi, che necessitano di un alimentazione, è un segnale più forte rispetto al microfonico, dell’ordine dei volt.
3. DI POTENZA (24,5 < V < 100): Scaturisce da amplificatori detti di potenza. Il segnale di linea non ha la forza necessaria per alimentare il diffusore, quindi ho bisogno di un dispositivo che trasformi il segnale di linea in potenza (amplificatore di potenza o finale di potenza). Questo segnale è caratterizzato da un voltaggio superiore, e porta con se una grande quantità di corrente (flusso di elettroni). L’amplificatore dunque alza gli ampere necessari per il diffusore.

Questi tre tipi di segnale possono essere a loro volta divisi in due tipologie, bilanciato o sbilanciato.

1. IL SEGNALE SBILANCIATO: è il più semplice in quanto viaggia su due poli, ovvero massa (negativo) e positivo. Il tipo di cavo che trasporta questo segnale è un cavo schermato coassiale a due poli, costituito da una polo centrale positivo, ricoperto da una guaina di gomma, a sua volta rivestita di una garza/schermo/calza che porta il segnale negativo. Il tutto è rivestito da una guaina di gomma. Si dice coassiale perchè il polo positivo e quello negativo giacciono sullo stesso asse. Tutti i segnali provenienti dalle sorgenti nascono sbilanciati e tutti i dispositivi audio (attivi e passivi) al loro interno lavorano segnali sbilanciati. E’ utilizzato in quanto la schermatura dei dispositivi audio in metallo impedisce alle interferenze di entrare. I disturbi e le interferenze possono essere di due tipi: elettromagnetici (dovuti al magnetismo) ed elettrostatici (dovuti all’elettricità). Quando il disturbo entra nel cavo diventa ascoltabile in audio. I disturbi agiscono sui vari tipi di segnali nel seguente modo:
· Il segnale microfonico ha una forte tendenza a raccattare i disturbi, in quanto l’interferenza è dell’ordine dei millivolt e risulta quindi molto percettibile rispetto ad un segnale microfonico portato in amplificazione.
· Il segnale di linea è talmente alto (dell’ordine dei volt) che non risente di interferenze esterne (dell’ordine dei millivolt).
· Il segnale di potenza non risente del disturbo in quanto è troppo alto rispetto al disturbo stesso.
Il rapporto tra segnale e disturbo viene definito rapporto segnale-rumore, e più il risultato è alto, più il segnale sarà pulito.

2. IL SEGNALE BILANCIATO: Proviene dal trasformatore di bilanciamento, che trasforma il segnale bilanciato a due poli in ingresso in un segnale in uscita a tre poli. Le tappe fondamentali del processo di bilanciamento sono le seguenti:
· Il segnale sbilanciato originale entra nel trasformatore di bilanciamento.
· Dal trasformatore di bilanciamento escono due segnali con ampiezze dimezzate: la fase (che segue l’andamento del segnale originale) e la controfase 180° (che riporta il segnale opposto al segnale di fase).
· Fase e controfase viaggiano sul cavo prendendo anche in questo caso i disturbi dell’ambiente (elettromagnetici ed elettrostatici). Il disturbo è di un entità che prescinde dal segnale, quindi si aggancia su entrambi i segnali con lo stesso segno (positivo o negativo)
· Questi segnali entrano nel mixer, dove il trasformatore di sbilanciamento risbilancia il segnale. Il trasformatore di sbilanciamento somma il segnale in fase con l’inverso di quello in controfase (che coincide con quello di fase in tutto, tranne che nel disturbo), ricostruendo in questo modo il segnale originale privo di disturbi.

Non tutti gli strumenti nascono bilanciati, quindi viene utilizzato un dispositivo esterno in grado di bilanciare tutti i dispositivi audio dotati di uscite sbilanciate, la Direct Insection Box (D.I. Box).
Le D.I. Box si dividono in attive (alimentate da batteria dal mixer, offrono una leggera preamplificazione del segnale) e passive (scatole di erro contenenti un trasformatore di bilanciamento). Queste ultime sono consigliate per segnali di linea in quanto sfruttano il voltaggio del segnale senza che questi ne risentono. Hanno inoltre un costo inferiore rispetto alle attive.
Le D.I Box devono essere poste il poi vicino possibile alle sorgenti.

Nei dispositivi audio attivi il trasformatore è stato sostituito da circuiti elettronici integrati che svolgono lo stesso compito ma sono più economici, leggeri, e meno ingombranti, mentre nei microfoni continua ad essere presente in quanto questi ultimi sono dispositivi passivi e non necessitano di alimentazione.

Il cavo che porta segnali bilanciati è simile a quello che porta segnali sbilanciati, ma è dotato di due poli centrali (positivo e negativo) circondati da una garza che porta la massa, a sua volta rivestita da una guaina di gomma.
Il cavo che trasporta invece segnali di potenza porta un segnale sbilanciato, e non c’è bisogno di schermare perchè l’interferenza è debole rispetto al segnale. Non è coassiale e contiene un gran numero di fili di rame, n quanto deve condurre molta elettricità. Vengono classificati in base alla misura della sezione, ovvero dalla superficie della circonferenza, che può essere di 2,5 millimetri quadrati, o di quattro millimetri quadrati (dai 600 w in su). Nel live questo cavo viene inguainato.

TIPI DI CONNETTORE

Per introdurre i vari tipi di connettore bisogna chiarire innanzitutto il concetto di stereofonia. Si parla di stereofonia quando ho due segnali distinti sia fisicamente (viaggiano su due cavi diversi) sia a livello di contenuto (i due segnali devono portare informazioni diverse, quindi si ha un canale destro e uno sinistro). Se il segnale portato a left è identico a quello che passa a right non si parla di stereofonia.
Bisogna inoltre chiarire che connettore, segnale, e cavo, sono tre cose ben distinte, di conseguenza non è il segnale che fa il connettore, come non lo è il cavo (non si può definire un cavo cannon, perchè cannon è il nome del connettore, e non del cavo).

1. CANNON (XLR): E’ il più utilizzato sia in live che in studio, è un tre poli, ed ogni polo è numerato. Si divide in maschio e femmina a seconda dei pin, e per convenzione nei segnali microfonici e di linea il maschio porta il segnale e la femmina lo riceve, diversamente che nei segnali di potenza e di alimentazione, in quanto sarebbe pericoloso avere i pin scoperti. Porta segnale microfonico e di linea, non di potenza. Vantaggi: 1) è robusto, in metallo e non si deforma 2) il contatto elettrico è totale (i pin maschi sono avvolti in tutta la superficie dalla femmina) 3) è fatto di nichel, inossidabile 4) si può prolungare in quanto i connettori sono maschio e femmina. Svantaggi: 1) essendoci maschio e femmina devo dare un verso al segnale, e di conseguenza stare attento a come stendere il cavo nei live 2) è difficile da collegare in posizioni scomode a causa della tacca d’aggancio. Sfregando i connettori rischio di rovinarli. 3) Ha un costo elevato.
2. JACK 2 POLI (TS): Detto volgarmente “mono”, porta un segnale microfonico e di linea, non di potenza (eccezion fatta per quello che collega la testata dell’amplificatore alla cassa dello stesso, ma in questo caso anche il cavo è di potenza). E’ costituito da due parti metalliche, sleeve (massa) e tip (positivo) separate da un cilindro isolante. Vantaggi: 1) costo ridotto 2) senza tacca si può facilmente infilare anche in posizioni scomode 3) essendo maschio/maschio non ho problemi di verso. Svantaggi: 1) è meccanicamente debole e si rompe facilmente 2) facile da connettere, ma altrettanto semplice da scollegare per sbaglio 3) fa contatto in un solo punto (molla) che quindi tende a rovinarsi. E’ fatto di ottone cromato e quando la cromatura si consuma l’ottone si ossida. 4) la molla interna alla cavità in cui viene inserito il jack si rovina col tempo.

3. JACK 3 POLI (TRS): Detto volgarmente “stereo” può portare un segnale mono bilanciato oppure un segnale sbilanciato presumibilmente stereo. E’ il jack tipico delle cuffie, in cui avrei quattro poli (due positivi e due negativi) ma unendo i positivi ne ottengo tre. E’ composto da tre parti metalliche dette sleeve (massa), ring (negativo, o positivo right nel caso in cui il segnale sia stereo) e tip (positivo, o positivo left nel caso in cui il segnale sia stereo. Le parti metalliche sono divise tra loro tra due cilindri di isolante. I Jack possono essere da 3,5 mm (1/8 di pollice) o da 6,3 mm (1/4 di pollice).

4. PIN JACK (RCA): E’ un due poli quindi porta un segnale sbilanciato. E’è un connettore coassiale e porta solo segnali di linea. Viene identificato con vari colori a seconda del tipo di segnale trasportato: Bianco/nero (left), rosso (right), giallo (video), arancio (s/pdif). Vantaggi: 1) costo ridotto 2) contatto totale 3) meccanicamente ed elettricamente saldo 4) coassiale, quindi quando connetto il polo centrale è totalmente protetto. Svantaggi: 1) fragilità 2) la cromatura si consuma nei punti spigolosi e si ossida 3) è quindi un connettore da installazione fissa.

5. SPEAK ON: Brevettato dalla neutrik, si usa solo per segnali di potenza a 2, 4, 8 poli, con innesto a baionetta ( si infila, si gira di un quarto e si blocca)

6. CONNETTORE SERIE EP Utilizzato per segnali di potenza, è simile al cannon, ma i poli vanno da 4 ad 8. E’ tutto in metallo, molto costoso, ed utilizzato soprattutto in impianti tedeschi.

7. BANTAM: E’ un tre poli, ed è caratterizzato da una punta tonda. Ha una rientranza sul ring che lo rende particolarmente stabile. porta segnali microfonici e di linea, e di potenza solo nel caso della cuffia. Usato in passato per centralini telefonici, è caratterizzato da un costo elevato.

8. BNC: E’ un coassiale a due poli, utilizzato per i video. Nell’audio è usato per antenne di radiomicrofoni e word clock (segnale di sincronismo per l’audio digitale). E’ inoltre caratterizzato da un innesco a baionetta. E’è infine molto delicato in quanto la ghiera di aggancio si deforma se calpestata.

9. DIN: Si utilizzava fino a una ventina d’anni a, per portare segnali microfonici e di linea negli hi-fi. E’ un cinque poli, utilizzato oggi solo per i midi.

10. LK/VEAM: E’ un connettore multipolare per segnali microfonici e di linea usato esclusivamente nei live per spezzettare i sistemi di ciabatta per il trasporto del segnale. E’ utilizzato per dividere la frusta dalla stage box. Porta segnali bilanciati da 13 a 200 poli, ed è composto di alluminio. E’ completamente impermeabile.

11. EDAC: E’ un connettore multipolare corrispondente dell’ LK per l’utilizzo in studio (installazioni fisse). Dotato di pin a lingua di serpente, è caratterizzato da una vite che rende più stabile l’aggancio. Si trova nei mixer da studio di un certo livello e porta segnali di linea e microfonici

12. TOSlink: Deriva da “Toshiba link” e trasporta un segnale ottico

13. SOCAPEX: E’ un connettore multipolare di potenza, usato nei live, anche per le luci. E’ caratterizzato da dei pin grossi e dispari (uno resta sempre libero per la massa).

SEGNALI DIGITALI

Per capire i segnali digitali occorre aprire una parentesi sul wordclok. Il wordclock è un segnale di sincronismo per il trasferimenti dei dati audio digitali. La frequenza di wordclock corrisponde alla frequenza di campionamento di tutto il sistema digitale. Serve a sincronizzare il trasferimento di dati tra ciò che riceve e ciò che invia i dati.
Per esempio se ciò che invia in un secondo fa 44100 battiti, ed a ogni battito trasferisce 16 bit, ciò che riceve deve essere sincronizzato allo stesso modo, altrmenti la ricostruzione dell’informazione risulta sbagliata.
Se ho un sistema digitale costituito da tre o più apparecchiature è consigliabile l’utilizzo di un generatore di wordclock esterno perché altrimenti si perde la sincronizzazione dei dati audio digitali. Il generatore di wordclock esterno, essendo al di sopra delle parti funge quindi da direttore d’orchestra a cui fanno riferimento tutti i dispositivi dello studio.

1. AES/EBU (audio engineering society / european broadcast union): Viaggia su cavi coassiali a tre poli, i quali hanno un impedenza di 110 ohm e sfrutta il connettore xlr. E’ un segnale bilanciato e grazie al sistema di codifica è in grado di trasportare due canali. Per esempio, se campioniamo a 16 bit per 44100hz si ha un totale di 700.000 bit al secondo. Se ho un cavo in grado di trasportare 1,5 milioni di bit al secondo posso mandare due segnali in un solo cavo. Il sistema di decodifica ridivide poi i segnali. In questo segnale il wordclock è contenuto nell’informazione stessa.
2. S/PDIF(sony/philips digital interface format): E’ un sistema a basso livello e basso costo, e viaggia su cavi schermati coassiali a due poli con un impedenza di 75 ohm. Utilizza il connettore rca. E’ un segnale sbilanciato ed è in grado di portare due canali (come aes/ebu). Può essere trasportato tramite fibra ottica TOSlinlk ( non è soggetta a disturbi elettromagnetici ed elettrostatici). Il wordclock è contenuto nell’informazione stessa.
3. ADAT(alesis digital audio tape): Sviluppato a inizio anni 90, viaggia su fibra ottica TOSlink, e porta 8 canali a 48khz 24 bit oppure 4 canali a 96khz 24 bit. Utilizza lo stesso cavo dello s/pdif ed è economico ed efficiente.
4. T/DIF(tascam digital interface format): Brevettato dalla Tascam, è più complesso e costoso, quindi è stato abbandonato da tutti i produttori, tranne che dalla Tascam. Porta 8 canali input e output (con un connettore porto sia l’ingresso che l’uscita). Viaggia su cavi multipolari e connettori di tipo “d” sub a 25 poli. Lo svantaggio è che cavo e connettore hanno un costo di 20 volte più elevato del cavo ottico, e in più questa tecnologia non può superare i 5 metri di lunghezza (o si perde parte del segnale). Il wordclock non è codificato nell’informazione stessa, ma portato tramite connettori bnc a parte.

TRUCCHI DI BILANCIAMENTO

Da bilanciato a sbilanciato: Se voglio collegare un mixer bilanciato allo stereo sbilanciato, per sbilanciare artificialmente il segnale, unisco negativo e massa. Perdo il bilanciamento e anche parte del segnale in quanto azzero l’ampiezza della controfase e mi resta solo la fase (che ha meta del’ampiezza del segnale originale.
Da sbilanciato a bilanciato In questo caso sdoppio la massa. Il sistema resta sbilanciato, ma almeno ho la possibilità di mettere in relazione i due dispositivi.
Da bilanciato stereo a sbilanciato stero: Collego tra loro le masse e i negativi di entrambi i canali, unendoli alla massa del cavo in entrata (ovvero di quello che sarà collegato, per esempio, alla scheda audio). Collego inoltre il positivo del canale left, e il positivo del canale right rispettivamente a left e right del cavo in entrata.

PERCORSO DEL SEGNALE

Live al chiuso: Dal microfono esce un segnale microfonico mono bilanciato, mentre dalla tastiera un segnale di linea stereo sbilanciato. Entrambi i segnali arrivano al mixer, da cui esce un segnale di linea bilanciato per ognuno dei diffusori.
Piccolo live all’aperto: Dal microfono esce un segnale microfonico mono bilanciato diretto al mixer, mentre dalla tastiera un segnale di linea stereo sbilanciato diretto alla D.I. box. Dalla D.I. box esce un segnale di linea bilanciato diretto al mixer. Dal mixer esce un segnale di linea bilanciato per ognuno dei diffusori, e un segnale di linea bilanciato diretto al monitor.
Medio live all’aperto: Dalla chitarra, dalla batteria e dal microfono partono tre segnali microfonici bilanciati diretti alla stage box. Dalla tastiera un segnale di linea sbilanciato che viene bilanciato tramite la stage box per poi arrivare alla stage box. Dal basso esce un segnale di linea bilanciato diretto alla stage box. Dalla stage box tramite un cavo multicord (o multicore, o multipales, o snake, o multipolare o multicoppia) con connettori LK tutti i segnali vengono mandati a un mixer di sala. Il mixer rimanda il segnale elaborato dal fonico alla stage box, che a sua volta manda il segnale di linea ai monitor (per i musicisti) e agli amplificatori. Gli amplificatori mandano il segnale ai diffusori.
Grande live all’aperto: La situazione è come la precedente, solo che al posto della stage box si ha uno splitter (dispositivo che riceve in ingresso i segnali dal palco e li divide in due o più parti) il quale manda i segnali al mixer di sala e al mixer di palco. Il mixer di sala si occuperà della diffusione e quello di palco del monitoraggio dei musicisti. Quando una stage box ha due o più uscite prende il nome di splitter, ed esistono tre tipi di splitter, passivo, passivo con disaccoppiatori e attivo. 1) Nello splitter passivo il segnale viene diviso in due e mandato in due direzioni diverse. La divisione è passiva quindi si dimezza l’energia del segnale per ogni canale. per la legge di ohm qualsiasi problema incontro su un uscita si ripercuote sull’altra (ronzii, fruscii, cortocircuiti). 2) Nello splitter passivo con disaccoppiatori vengono utilizzati dei trasformatori di disaccoppiamento sulle uscite. Il trasformatore riceve in ingresso un segnale e lo trasferisce all’uscita per induzione elettromagnetica, mantenendo inalterate le caratteristiche. In questo modo se ho un problema su un uscita non si ripercuote sull’altra. Il segnale viene comunque dimezzato, e questo tipo di splitter h un costo più elevato. Ha inoltre un uscita diretta a cui posso collegare il mixer per l’alimentazione di microfoni e D.I. (perchè deve essere trasmessa corrente elettrica).3) Lo splitter attivo è fatto rack e permette una divisione attiva del segnale senza perdita. Ha dimensioni da uno a tre rack con un numero di ingressi da quattro a dodici. Le uscite vanno da tre a quattro. In questo caso il 48v lo da lo splitter e non il mixer. Permette un potenziamento del segnale tramite un potenziometro di guadagno, che consente di amplificare segnali deboli in ingresso. E’ dotato inoltre di un indicatore di livello a led. Infine è importante l’opzione “cuffia” tramite cui si ha la possibilità di sentire ogni singolo canale per circoscrivere eventuali problemi. Lo splitter attivo funge con circuiti attivi che permettono di compensare la perdita sulle uscite e questi circuiti vanno alimentati.

FASI DI PRODUZIONE IN STUDIO

Lo studio è caratterizzato dalla presenza di una sala di ripresa detta studio (isolata dall’esterno, verso l’esterno, e caratterizzata da una sonorizzazione ottenuta attraverso i materiali di rivestimento scelti), da una regia (control room) e da una sala macchine.

1. REGISTRAZIONE: il segnale passa dalla sorgente, al mixer ed al registratore multitraccia. Le tracce sul multitraccia sono spazi in cui registro singoli strumenti. Registrare tracce separate è un vantaggio perchè posso registrare vari strumenti in diversi tempi, e mi permette di correggere errori dei singoli strumenti senza dover rifare il tutto. Il collegamento mixer-multitraccia è bidimensionale, ovvero il segnale va dalla sorgente al mixer e dal mixer al multitraccia che registra e rimanda al mixert. Quello che ascolto arriva dunque dal multitraccia, e non direttamente dalla sorgente. Per questo motivo il mixer è diviso in due sezioni, la sezione ingressi (dove collego strumenti) e sezione dei ritorni macchina (dove ricevo i segnali provenienti dal multitraccia). Il vantaggio nell’ascoltare il ritorno sta nel fatto che posso individuare eventuali disturbi tra mixer e multitraccia, mente se sentissi in presa diretta non avrei la possibilità di percepire tali disturbi. Per esempio se il multitraccia non tollera l’ampiezza del segnale del mixer e lo manda in distorsione, se non ascolto il segnale uscente dal multitraccia non lo posso sapere. Occorre quindi SEMPRE ascoltare il percorso totale del segnale.
2. MISSAGGIO: La sorgente in questo caso è il multitraccia, il segnale entra nel mixer e viene ascoltato tramite i monitor. Mixare consiste nell’elaborare i segnali provenienti dal multitraccia su tre piani: ampiezze (volumi, equilibri, livelli), equalizzazione (timbrica) e spazializzazione (posizionamento dei segnali nel panorama stereofonico). Viene definito riversamento quel processo tramite cui, una volta attuato il mixaggio del pezzo, il prodotto ricavato viene mandato dal mixer al registratore due tracce (perchè è un prodotto stereo) dall’uscita master. Fino agli anni ottanta il registratore due tracce era a bobina, ma metà anni ottanta al duemila è stato il dat (registratore a cassetta), mentre dal duemila ad oggi esistono vari sistemi (cd recorder, scheda audio e computer, dvd recorder).
3. MASTERING: quello che si ottiene dal mixaggio è un prodotto finito, ma col mastering posso ottimizzarlo. Se il mix è ben riuscito il master può ulteriormente abbellire la traccia, mentre non è in grado di perfezionarla visibilmente se il mixaggio è di scarsa qualità. Il segnale passa dal registratore due tracce a vari dispositivi di elaborazione (eq parametrici, compressori, espansori stereo, limiter, exciter) per poi essere nuovamente registrato su un registratore due tracce.

IL MIxER

Esistono vari tipi di mixer, a seconda dell’utilizzo.
Il mixer da palco (utilizzato nei lives) serve a gestire i monitor, che si attaccano alle uscite ausiliarie (aux), e di conseguenza il numero di aux è fondamentale. Il mixer di sala (foh), sempre utilizzato nei lives, gestisce la diffusione, che spesso non si limita a due soli canali (left e right). Possono esserci infatti più gruppi di casse, quindi necessito di più uscite per i diversi tipi di diffusori, e queste uscite vengono chiamate matrix (controlli dalle cui uscite gestisco i sistemi di diffusione complessi). Per il mixer di sala è dunque essenziale il numero di matrix.
Caratteristica comune dei mixer da palco e di sala è la presenza dei vca, ovvero di controlli tramite cui è possibile gestire gruppi di canali.
Il mixer broadcast è utilizzato nella radiodiffusione, ed è dotato di molti ingressi di linea stereo e qualche ingresso microfonico.
Il mixer da studio si differenzia in due tipi, line e split. Si differenzia dai mixer da lives in quanto si ha una sezione dei ritorni macchina. La differenza tra line e split sta nel posizionamento fisico dei controlli delle due sezioni: in line i controlli del canale e quelli del ritorno stanno sulla stessa linea. Hanno un costo ridotto e sono poco ingombranti, ma le risorse sono in condivisione (per esempio posso usare l’equalizzazione solo su una delle due sezioni). Nello split la sezione del canale è divisa da quella del ritorno, e non si hanno risorse in condivisione. Sono dunque molto più ingombranti.

STRUTTURA DEL MIXER:
Il canale di un mixer è composto da varie sezioni: sezione ingressi (in cui stabilisco il tipo di segnale da portare nel canale), sezione amplificatore (con cui porto il livello di ingresso ad un livello standard), sezione equalizzatore (tramite cui modifico la timbrica del segnale), sezione aux pre fader (per gestire il monitoraggio dei musicisti), sezione fader (con cui stabilisco la quantità di segnale da portare in uscita), sezione aux post fader (con cui gestisco l’effettistica), sezione pan-pot (con cui stabilisco la quantità di segnale da portare all’uscita sinistra e destra), sezione assegnazione (con cui stabilisco su quali e quante uscite portare il segnale).
SEZIONE INGRESSI:
Abbiamo due ingressi, uno cannon per il segnale microfonico e uno jack per il segnale di linea. Sul microfonico abbiamo il phantom power 48v per permettere l’alimentazione del microfono. Il Phantom è una tensione interna al mixer che viene poggiata sul segnale microfonico. La 48v si aggancia col negativo sulla massa del segnale microfonico, e col positivo su positivo e negativo del segnale microfonico. In questo modo mando l’alimentazione al microfono sfruttando il cavo del microfono stesso. Per la legge di ohm la tensione si propaga sia al microfono che al mixer, e in entrambi i casi incontra un trasformatore di sbilanciamento. I trasformatori vedono la 48 v come un disturbo, quindi viene eliminata nella ricostruzione del segnale. Per alimentare il microfono prendiamo la 48v prima che arrivi al trasformatore di sbilanciamento del micro (e che quindi sia annullata) e la portiamo al circuito che alimenta il condensatore. Il phantom si applica solo su segnale microfonico, non è dannosa per strumenti che non ne necessitano, e serve ad alimentare microfoni a condensatore. Il dispositivo successivo nel percorso del segnale è l’adattatore di impedenza, atto a restringere il rande del livello del segnale di linea (abbassa il segnale di linea perchè il preamplificatore non potrebbe gestirlo). I segnali mic/line si presentano al selettore, tramite cui scelgo quale utilizzare tramite l’apposito pulsante. Al selettore segue l’invertitore di fase, dotato di un pulsante per girare la fase di 180°, invertendo quindi positivo e negativo. Si utilizza questo pulsante quando si presentano eventuali problemi di fase, per esempio quando registro una sorgente con più microfoni, questi si trovano a differenti distanze dalla sorgente stessa, quindi alcune frequenze vanno in controfase perchè hanno frequenze d’onda diverse (arrivano in controfase al mic). Succede allora che sentendo i più canali sovrapposti, ho un suono anomalo, nonostante singolarmente ogni registrazione suoni perfettamente. Le possibili soluzioni sono due: o provo ad invertire la fase di uno dei due canali, o cambio posizione ai microfoni. Questo pulsante può essere utile per problemi di feedback (fischi sul palco). All’invertitore di fase segue lo sbilanciatore.

SEZIONE PREAMPLIFICAZIONE:

La sezione di preamplificazione serve ad adeguare il livello del segnale in ingresso al livello standard del mixer, corrispondente a zero dBu (se il segnale arriva alto viene abbassato e viceversa). E’ la prima sezione con componenti attivi, e quindi è molto importante, in quanto una scarsa qualità dei componenti può dare luogo a problemi di timbro o di soffio. Un preamplificatore scarso può cambiare la timbrica e aggiungere fruscio. Il primo componente incontrato dal segnale è l’attenuatore, volto ad attenuare il segnale perchè il preamplificatore vero e proprio non è in grado di farlo. Segue il preamplificatore: in generale tutti i segnali microfonici vengono amplificati perchè sono sotto gli 0,755v. Sulla manopola del gain nel preamplificatore ci sono dei valori, e stranamente più questa manopola viene girata verso destra più questi valori sono negativi. I valori indicati sulla manopola del gain indiano il livello del segnale in ingresso quando sul meter leggo zero dB (io porto il potenziometro in avanti finché sul meter leggo zero dB, e quando lo raggiungo, il valore indicato sulla manopola è il livello reale del segnale in ingresso). Prima di essere mandato all’equalizzatore il segnale passa per un hi pass filter, che ha un azione tecnica volta a togliere frequenze indesiderate che non interessano il timbro dello strumento (per esempio se il microfono del charleston capta il suono proveniente dal basso, posso eliminare le basse frequenze per ottenere il suono pulito del charleston.

SEZIONE EQUALIZZAZIONE:

Per introdurre l’equalizzatore bisogna aprire una parentesi riguardo i filtri.
I filtri sono dispositivi che trattengono pare dello spettro e fanno passare la restante. L’eliminazione di una porzione di spettro equivale a un attenuazione a meno infinito. Sulla frequenza di taglio è già presente un attenuazione di 3 dB.

La pendenza dell’intervento dipende al numero di poli del filtro: filtri del primo ordine hanno una pendenza di 6dB per ottava, filtri del secondo ordine di 12 dB per ottava, filtri del terzo ordine di 18 dB per ottava, e filtri del quarto ordine di 24 dB per ottava, quindi un filtro di quarto ordine ha una pendenza maggiore di uno di primo ordine. Il fatto che il filtro tagli a meno infinito lo differenzia dall’equalizzatore.

I principali filtri sono passa alto, passa basso, i filtri composti sono passa banda e notch.
L’applicazione più classica per i filtri è il crossover passivo, in cui lo spettro viene diviso a seconda delle frequenze per poi essere mandato distintamente a tweeter e woofer. Nei crossover attivi sono presenti filtri attivi che permettono di far guadagnare il segnale in ampiezza tramite dei preamplificatori.

Una volta definiti i filtri, possiamo definire l’equalizzatore come una combinazione di filtri attivi che intervengono sullo spettro con ampiezza limitata (non può tagliare a meno infinito).
Gli equalizzatori si dividono in due tipologie: la prima che prendiamo in considerazione sono gli shelving, che lavorano agli estremi della banda (alti e bassi).
Gli shelving a loro volta si distinguono in due ulteriori categorie. Negli shelving a frequenza fissa il costruttore imposta una frequenza di intervento, dalla quale comincia l’attenuazione, quindi si ha un solo potenziometro che indica il guadagno di tutte quelle frequenze precedenti (nel caso stia attenuando gli alti) o posteriori (nel caso stia attenuando i bassi) alla frequenza di intervento (non di di taglio). Negli shelving a frequenza variabile si ha la presenza di un ulteriore potenziometro che permette di spostare la frequenza di intervento.

Gli equalizzatori che agiscono al centro della banda udibile sono chiamati peaking. Nei peaking di scarsa qualità (per esempio negli stereo delle auto) c’è una frequenza di intervento impostata dal costruttore e l’unico parametro su cui è possibile agire è il guadagno. Nei peaking semiparametrici ho invece la possibilità di agire su due parametri, guadagno e frequenza, e quindi ho la possibilità di impostare la frequenza di intervento. Nei peaking parametrici ho un ulteriore parametro chiamato Q (fattore di bontà) che determina la campanatura (stabilisco la larghezza dell’intervento). La Q va da 0,5 a 7 negli equalizzatori analogici e fino a 30 nei digitali.

Da questa divisione si capisce che un equalizzatore che si rispetti è dato dalla cooperazione di peaking (per mh e ml) e shelving (per high e low). Quando intervengo con due equalizzatori su frequenze vicine si verifica una sovrapposizione degli effetti, ovvero i due equalizzatori si influenzano a vicenda e il risultato finale è la somma algebrica dei due interventi (la risultante). Più i due interventi sono vicini più si influenzano a vicenda. Le nostre percezioni variano in base alle frequenze. Dai 20 ai 50 hz abbiamo sensazioni corporee (i bassi fanno vibrare il corpo più che il timpano ), dai 50 ai 150 hz si una sensazione di rotondità dei bassi, un misto tra sensazione uditiva e corporea, dai 150 ai 500 hz, ovvero sulle medio basse si ha un suono asciutto che ricorda un cartone percosso, e per questo motivo viene lavorato in attenuazione. Dai 500 agli 800 hz si ha una sensazione di nasalità, ed anche in questo caso si lavora in attenuazione. Dagli 800 ai 2k hz si ha una sensazione di presenza della voce, mentre dai 2k agli 8k hz, ovvero sui medio alti, si percepisce maggiormente il dettaglio, l’attacco degli strumenti e i dettagli della voce. Infine dagli 8k ai 20k si ha una sensazione di brillantezza, e vengono enfatizzati per esempio i respiri.

In seguito all’equalizzatore troviamo il PFL, ovvero un pulsante che troviamo su ogni canale che permette l’ascolto prioritario del canale in control room.

SEZIONE FADER:

Il segnale arriva dall’equalizzatore e incontra il mute, che se attivato interrompe il canale all’interno del segnale. Il segnale scende verso il fader, che regola la quantità di segnale da portare all’uscita. I dB del fader scaturiscono dall’equazione dB = log IN/OUT (ovvero quando metto il fader a zero quello che entra è uguale a quello che esce), non si tratta dunque di dBu ma di dB di comparazione. Di conseguenza da meno infinito a zero il fader funge da attenuatore e portandolo a zero si disattenua il segnale, mentre da zero dB fino a 10 dB si guadagna sul segnale. Il fader opera una somma algebrica tra il livello di ingresso e il valore impostato dal cursore, quindi su zero dB ho il non intervento.

Il segnale esce da fader e arriva al pan pot, che funge da splitter regolabile, ovvero riceve un segnale in ingresso e lo divide in due (se sta al centro manda il 50% a destra e 50%a sinistra). Col pan pot il segnale si dimezza quindi se il segnale è a zero e il fader è a zero, ogni uscita master ha un livello di – 3 dB. Successivamente il segnale esce dal pan pot e va alla sezione assegnazioni dove stabilisco su quali e quante uscite portare il segnale. Queste uscite possono essere LEFT e RIGHT, oppure dei gruppi (controlli con cui gestisco gruppi di canali) utilizzati per inviare il segnale ad ulteriori destinazioni, o in vari altri modi (assegno più canali a un gruppo che poi riassegno al master, in modo da poter alzare con un solo fader l’ampiezza di tutti i canali).

GRUPPI E AUX:

Un gruppo è un controllo con relativa uscita fisica a cui assegno gruppi di canali. I gruppi si possono utilizzare in due modi: con le uscite fisiche (per mandare lo stesso segnale de master ad ulteriori destinazioni) o senza uscite fisiche (gestendo un vario numero di canali tramite uno o due gruppi che poi riassegno al master). I gruppi si possono quindi utilizzare sia in mono che in stereo. Se ho una serie di canali in stereo (per esempio batteria) passo il segnale per una coppia di gruppi che fungono la L e da R e che vengono successivamente riassegnali al master. Se i canali sono in mono posso utilizzare un solo gruppo che poi riassegno sia su L che su R. Non si ha una perdita di segnale perchè i gruppi sono a zero perdita (dotati di un dispositivo attivo interno). L’assegnazione viene fatta tramite la sezione master dei gruppi: il pulsante L ed il pulante R assegnano in stereo i gruppi al master, mentre il pulsante L+R assegnano in mono i gruppi al master (sul mixer che utilizziamo noi per mandare il mono sul master devo selezionare inspiegabilmente il tasto L oltre che al tasto L+R). Nella sezione master dei gruppi si trova anche un pulsante AFL (after fader listening) che permette di monitorare le uscite.

Le aux pre fader sono delle uscite poste tra il mute e il fader, utilizzate per prelevare il segnale da mandare ai monitor dei musicisti mentre le aux post fader sono poste tra il fader e il pan pot, e sono destinate all’effettistica. Le aux differiscono dai gruppi per due fattori: 1) il punto di prelievo del segnale ( nei gruppi è successivo al pan pot) 2) il modo con cui assegno il segnale alle uscite (coi gruppi ho un assegnazione on/off, detta anche a zero dB, mentre nelle ausiliarie tramite la mandata posso scegliere la quantità di segnale da portare all’uscita. Le aux sono prima del fader in modo da poter modificare il volume per il pubblico senza modificare il volume dei monitor.

Per spiegare il funzionamento delle aux post fader bisogna innanzitutto definire il significato di effetto, ovvero un dispositivo elettronico spesso digitale che riceve in ingresso un segnale (dry = segnale proveniente dalla sorgente) e lo elabora, generando in uscita l’effetto desiderato (wet = segnale modificato al 100%). Tutti gli effetti hanno uscite di linea stereo. Nel collegamento degli effetti in parallelo l’uscita dell’effetto (anche chiamata mix) deve essere impostata su 100% wet. Il segnale che esce dall’effetto è dunque un segnale di linea stereo, che va fatto quindi arrivare a due canali qualsiasi del mixer; di conseguenza ci si ritrova con un canale per la sorgente e due canali effettati. La quantità di effetto viene gestita attraverso i faders di questi tre canali, nel caso in cui l’effetto gestisca un canale solo, o attraverso le mandate in caso in cui l’effetto gestisca piu canali. In questo caso i faders dei ritorno effetti vanno sempre portati a zero dB. Gli effetti si trovano dunque sulle aux post fader perchè se viene alzato il fader del canale della sorgente, il rapporto tra il segnale uscente da quel canale, e quello uscente dall’effetto si mantiene costante.

RITORNI MACCHINA:

Il segnale viene prelevato dall’uscita direct out del canale (post fader e pre panpott) e mandato al multitraccia, che registra e rimanda il segnale al ritorno macchina. La differenza sostanziale tra un canale e un ritorno macchina risiede nel fatto che mentre il primo è dotato di un preamplificatore, il ritorno è caratterizzato da un tape trim, ovvero di un controllo di fine sul livello in ingresso al ritorno macchina che permette di guadagnare o attenuare 10 dB. Come detto in precedenza, nei mixer in line canale e ritorno macchina si trovano sulla stessa linea, sovrapposti, mentre nei mixer split in due sezioni separate.

AREA MASTER:

La prima sezione di quest’area che prendiamo in considerazione è la control room, che si occupa di gestire l’audio per il fonico. Il segnale viene prelevato dall’uscita master (tranne nel caso in cui sia attivato il pfl, quando il segnale viene prelevato prima del fader).

Il primo potenziometro incontrato dal segnale è il control room level, che indica il volume in ascolto per il fonico.
Successivamente si trovano i pulsanti noti come control room sources: mix a permette di ascoltare il master, mix b i ritorni macchina, mentre i due pulsanti trk in a e trk in b permettono di ascoltare da due ingressi di linea stereofonici dedicati alle macchine a due tracce (cd, minidisk, dat, cassette, ipod) direttamente in control room (permettono di sentire esattamente ciò che è stato collegato all’ingresso senza alcuna modificazione).

In seguito a questi tasti, se ne trovano due ulteriori chiamati mono check (utilizzato per rendere in mono l’ascolto e per individuare quindi eventuali problemi di fase) e alternative speaker (per selezionare una seconda coppia di monito alternativa).

Della control room fa parte un oscillatore sinusoidale caratterizzato da un tasto che permette di cambiare la frequenza da 1000 a 10000hz, e utilizzato per tarare gli indicatori di livello delle macchine dello studio. Premendo il tasto to tape l’oscillatore manda il segnale sinusoidale a zero dB a tutte le uscite del mixer, e osservando i meter dei vari macchinari che lo ricevono si può capire se questi sono tarati correttamente.

Nella control room troviamo inoltre una sezione chiamata pfl/afl/trim, composta da un potenziometro, una spia ed un pulsante con relativo led di accensione. Questa sezione serve ad effettuare una regolazione di fine sul livello di ascolto di pfl o afl in control room. La spia serve ad avvertire il fonico che non sta ascoltando dal master, bensì in pfl, afl o solo. Il pulsante con relativo led di accensione è utilizzato per cambiare la modalità da pfl a solo (il pfl è un isolamento del canale in control room e non cambia il per corso del canale, a differenza del solo, che è un isolante del canale sul master.

La sezione talk back permette al fonico di comunicare con il musicista. Nel mixer sono presente un microfono interno o un entrata per un microfono esterno e un potenziometro tramite cui gestisco il livello della mia voce in cuffia al musicista. Si trovano tre pulsanti tramite cui viene decisa la destinazione a cui inviare la voce del fonico: to aux 1-2 viene utilizzato nel caso il fonico stia usando le uscite fisiche dell’aux, to stu è utilizzato nel caso in cui vengano utilizzate le uscite fisiche di studio phones, to tape permette di mandare il segnale verso le uscite che vanno al multitraccia per registrare eventuali commenti vocali. E’ importante sottolineare che si tratta di pulsanti e non tasti, e di conseguenza vanno tenuti premuti per tutta la durata della registrazione vocale.

La sezione studio phones corrisponde a un’ uscita fisica stereo di linea tramite cui gestisco il monitoraggio stereo del musicista. Selezionando mix b si ha la possibilità di ascoltare i ritorni macchina, mentre selezionando crm si ascolta il segnale che arriva in control room, afl compreso (è l’unico afl stereo). Per sentire l’afl di un musicista in stereo seleziono l’afl da studio phones e non da aux pre, perché l’afl di studio phones è stereo e mi permette di sentire cosa sente effettivamente il musicista

LA PATCH BAY

E’ il quadro di controllo dello studio di registrazione e dal suo pannello frontale gestisco in totale libertà il percorso del segnale. I vari dispositivi dello studio non sono collegati in modo diretto tra loro, ma tramite patch bay, in modo che il fonico possa modificare il percorso del segnale da un solo pannello, invece che dalle varie uscite dei dispositivi stessi. Si tratta dunque di un dispositivo personalizzato di ogni studio, in quanto i collegamenti tra tutti i dispositivi e la patch bay sono fissi. Si può dunque definire la patch bay come un prolungamento dei pannelli posteriori dei vari macchinari. E’ costituita da un pannello di allumino a cui sono montate le femmine dei bantam, di conseguenza un secondo vantaggio è che i collegamenti vengono fatti tramite un solo tipo di connettore. I collegamenti durante in settaggio della patch bay vengono svolti in base a due principi:

La logica: suggerisce di posizionare in senso verticale connessioni che abbiano una logica di percorso di segnale tra fila superiore e fila inferiore, ovvero si deve fare in modo che nella fila superiore siano posizionate uscite che siano in relazione con ingressi sottostanti. Per esempio se nella fila superiore sono posizionate le aux post out, nella fila inferiore sarà opportuno si trovino le entrate degli effetti, se sopra si trovano le uscite del master sotto dovrò posizionare le entrate del two track recorder, mentre se nella fila superiore si trovano le uscite dirette del mixer, nella fila inferiore sarà logico porre le entrate del multitraccia.

L’ottimizzazione: si divide in due ulteriori principi, ovvero l’ottimizzazione dei blocchi logici e quella degli spazi. La prima suggerisce che i blocchi (ovvero gruppi relazionati di entrate o uscite) siano posti vicini se sono in relazione tra loro. Per esempio se nella fila superiore sono state poste le aux out e in quella inferiore gli efx in, i blocchi vicini saranno efx out nella fila superiore e line in nella fila inferiore. L’ottimizzazione degli spazi suggerisce invece u risparmio di buchi vuoti, ovvero se avanzano delle femmine bantam non utilizzate nella fila superiore (in cui si è soliti porre le uscite) e si necessita di spazio per ingressi, è opportuno porre gli ingressi nella fila superiore, anzichè utilizzare una seconda patch bay.

Per un corretto settaggio della patch bay occorre rispettare tre regole:
1) Posizionare le uscite sulla fila superiore e gli ingressi in quella inferiore (salvo eccezioni)
2) Scrivere sempre numeri e lettere in/out e le frecce di normalizzazione
3) Non aggiungere ne togliere nulla alla lista del materiale proposto (quandoi ricevo la lista per fare il progetto devo attenermi alla lista)

IL MULTITRACCIA

Il multitraccia si può definire come un dispositivo che permette di registrare su piste separate strumento per strumento. Ne esistono di tre tipologie, differenti a seconda del funzionamento. Il multitraccia hardware su nastro magnetico (analogico) è stato il primo multitraccia introdotto, a inizio anni 50. Mentre durante gli anni 90, con lo sviluppo di nuove tecnologie, il suo abbandono sembrava prossimo, alla fine del decennio fu riconsiderato a causa della particolarità della registrazione analogica, motivo per cui viene tutt’ora utilizzato nonostante sia ingombrante, pesante, costoso, lento, e bisognoso di manutenzione. Il multitraccia hardware su hard disk si sviluppa verso l’inizio degli anni 90 ed è tutt’ora utilizzato a causa della sua affidabilità e resistenza. E’ inoltre dotato di un suo sofrtware interno. Ad ogni nuova registrazione il contenuto viene sovrascritto. Infine il multitraccia software , sviluppatosi alla fine degli anni 90, volle dapprima emulare un multirtraccia in forma virtuale, per poi evolversi diventanto uno studio di registrazione virtuale , dotato di mixer, registratore e outboard, offrendo la possibilità di svolgere un editing visivo.
L’alesis hd24 è uno dei primi multitraccia, considerato uno standard. Offre la possibilità di registrare 24 tracce a 48khz 24bit, oppure 12 tracce 96khz 24 bit. Registra su Hd heide, e nel pannello postariore è dotato di 24 in o out di linea su jack trs bilanciati, oltre che di ingressi e uscite digitali di tipo ottico adat (su connettori TOSlink). La presenza di connettori D-SUB a 9 poli permette la sincronizzazione di due o più hd24 (nel caso occorra lavorare, per esempio, a 48 tracce): in questo caso occorre uscire da un hd24 detto master per entrare nello slave, che riceve gli stessi comandi inviati al master. E’ dotato di un connettore planch per il collegamento di un pedale di tipo on/off, per accendere e spegnere utilizzando il piede, e di un interfaccia midi per sincronizzare la macchina coi sotware o gestirla tramite midi. L’ingresso LRD (little remote control) permette il collegamento di un telecomando, l’ingresso BNC permette di ricevere il segnale di wordclock, e infine il connettore ethernet offre il collegamento dell hd24 al pc, o per collegare la macchina stessa ad internet (essendo dotata di un proprio indirizzo ip).

CONVERSIONE ANALOGICO DIGITALE

Quando converto da analogico in digitale sono obbligato a posizionare dei paletti (minimo e massimo) di ampiezza entro i quali ammettere il segnale e in analogico si tratta dei valori “meno infinito” e 19 dBu. In digitale 19dBu corrispondono a 0 dBfs, mentre 0 dBu corrispondono a – 15 dBfs.
In analogico la distorsione è progressiva, ovvero, superando gradualmente gli 0 dB il segnale risulta dapprima saturo (ovvero caratterizzato dall’aggiunta di armoniche al timbro originale, che resta comunque percepibile) e poi distorto. La saturazione digitale è la reazione del sistema di conversione ad un valore in ingresso non prevista, e a differenza dell’anaologica non è progressiva (se il segnale supera l’ampiezza prevista si percepisce uno scrocchio, e viene a mancare la componente originale del timbro). Per questo motivo nella fase di registrazione occore lasciare un margine di errore prima che il segnale vada in clip, nonostante in questo modo si perda di dinamica. Per esempio, dovendo registrare la cassa della batteria, il segnale uscente dalla direct out giunge al multitraccia, che dev’essere impostato in modo che i picchi non superino i -6 dBfs., in modo che se si sfora il margine, si hanno comunque 6db prima di giungere al clip.

CARATTERISTICHE DEI METER DELL’HD 24

Nell’ hd24 disponiamo di tre modalità di lettura del segnale in ingresso con relative memorie di picco, selezionabili tramite il pulsante peak mode:
1) Momentary peak hold: mantiene il picco massimo acceso per due secondi. Utilizzo questa modalità nella fase di gestione dei livelli di registrazione.
2) Continous peak hold: mantiene fisse le memorie di picco. Viene utilizzato nella fase di registrazione, in modo che il fonico si renda conto a fine registrazione se è presente della distorsione non dovendo osservare in continuazione in meter durante la registrazione stessa. Se il meter indica la distorsione, che però non viene poercepita all’orecchio (in quanto riguarda pochissimi bit sulle decine di migliaia campionate in un secondo), la registrazione può comunque considerarsi soddisfacente, mentre se il meter indica una distorsione percepibile anche all’orecchio la registrazione è da effettuare nuovamente.
3) No peak hold: non registra nessuna memoria di picco, ed è utilizzata nella fase di mixaggio in cui non è necessario vedere eventuali picchi, che potrebbero inluenzare la valutazione del musicista.
Il pulsante peak clear cancella le memorie di picco

STRUTTURA DEL BRANO

Quando il fonico viene ingaggiato convoca i musicisti principali e regista una traccia di prova per capire la struttura del pezzo, e in modo da avere uno sfondo per il batterista (che altrimenti si troverebbe a suonare solamente col metronomo di fondo). Si tratta di una registrazione multitraccia, e il fonico predispone le trace come poi saranno effettivamente, in modo che i musicisti sovrascrivino direttamente sulla propria traccia guida la versione definitiva. Quindi il pezzo viene diviso in base alla struttura (strofe, ritornelli, intro, outro, solo) tramite i locate (locazione di memoria numerata nella quale inserisco valori di tempo). Il locate non contiene informazioni audio ne intervalli di tempo, la sua funzione è semplicemente quella di un segnalibro per spostarsi agevolmente sui vari blocchi. Nei multitraccia analogici e digitali i locate sono di numero finito, di conseguenza non possono essere ne creati ne cancellati (l’ hd24 ne ha 24). Nei multitraccia software i locate prendono il nome di marker, e sono infiniti.

STRUTTURA E DISPLAY DELL’ HD24
Le sezioni project contengono i vari progetti presumibilmente dello stesso artista, e al loro interno sono presenti delle sottocartelle chiamate song, che contengono i file audio e le informazioni riguardanti i locate.
Il display dell hd 24 è dotato di un counter, che rappresenta in tempo reale la posizione del multitraccia. SI suddivide in ore, minuti, secondi e frames. I frames sono fotogrammi al secondo, ed è importante la loro presenza nel momento in cui si lavora su audio che va sincronizzato con video, in base allo standard che video su cui sto lavorando.

PULSANTI DEL MULTITRACCIA

Il pulsante drive permette la rivoluzione sicura dell’hd, il pulsante song sel seleziona alternativamente il modo progetto e il modo song, il pulsante new song crea un nuovo progetto o una nuova song in base alla modalità selezionata col pulsante precedente, il pulsante del song cancella progetto o song in base alla modalità selezionata. I pulsante locate select è piu complesso, e seleziona la modalità di utilizzo dei locate. La modalità editing permette di gestire la memorizzazione dei valori temporali delle caselle di locate, e si divide in manuale (permette tramite le frecce di navigazione di selezionare il locate e memorizzare il tempo desiderato) ed automatico ( premendo il pulsante set locate durante la riproduzione, viene memorizzato il locate nell’istante di tempo in cui il pulsante viene premuto, nel locate successivo a quello visualizzato). La modalità movimento riguarda le funzioni che gestiscono lo spostamento fisico sul brano in base ai locate memorizzati. Il pulsante locate zero fa partire la riproduzione dall’inizio della traccia, il pulsante locate sposta il brano al locate visualizzato. L’hd 24 offre inoltre sei piccoli pulsanti che corrispondono ai primi sei locate.

BARRA DI TRASPORTO

Il multitraccia è dotato dei pulsanti rew, ffwd, stop, play e rec. Premendo con un tocco singolo rew e ffwd si ottiene un indietreggiaemento o un avantamento a step di 5 secondi, tenendo premuti tali pulsanti si ottiene un avanzamento graduale, e premendoli contemporaneamente a play si ottiene un avanzamento con riproduzione. La registrazione si ottiene tenendo premuti play e successivamente rec. Si termina la registrazione premendo play e non stop, in modo che la riproduzione continui mentre la registrazione venga interrotta

INPUT SWITCH

Sono pulsanti tramite cui abilito le tracc alla registrazione, e sono tanti quante le tracce del multitraccia. Abilitando la traccia vengono accesi un led rosso lampeggiante (indica che la traccia è pronta ad essere registrata, e diviene rosso fisso durante la registrazione) e un led bianco (indica che la porta d’ingresso del multitraccia è aperta al segnal). Il pulsante all input apre tutte le porte di tute le tracce a disposizione (se n sto usando 16 apre le prime 16). Non abilità alla rgistrazione, ma soltanto il led bianco e di conseguenza il meter (per il settaggio pre-registrazione). Terminata la rgistrazione bisogna disabilitare tutte le tracce.

FUNZIONI DI REGISTRAZIONE

E’ possibile effettuare la registrazione manualmente premendo play + rec, oppure in automatico tramite il pulsante auto record, che permette di registrare una parte del brano comprsa tra due locate, detti punch in e punch out (praticamente la rgistrazione parte da sola una volta raggiunto un determinato locate, e si interrompe raggiunto il locate successivo). Nell’hd24 i locate dedicati a questa funzione sono il 21 e il 22. Il tempo in secondi che precede il locate richiamato si chiama pre-roll, e selezionando la funzione pre roll, ogni volta che richiamo un locate vengo mandato qualche secondo prima dello stesso. Viene definito post roll il tempo che intercorre tra il punch out e il locate di end.
La funzione loop riproduce all’infinito una parte di brano compresa tra due locate, detti start ed end (nell’hd24 si tratta dei locate 1 e 2). Per attivar il loop devo selzionare i tasti auto play (ad igni richiamo del locate il multitraccia parte automaticamente in play, di conseguenza è una funzione che vien tenuta quasi sempre accesa). e auto return (porta il brano al locat di start una volta superato il locate di end. La funzione di loop record è data dalla combinazion di loop e di autorecord e permette di registrare in continuazione la stessa sezione.

FUNZIONI DI MONITORING

Gestiscono l’uscita del segnale del multitraccia in base allo stato del brano (stop, play, rec) e sono relative esclusivamente alle tracce armate. Definendo input il segnale entrante nel multitraccia e tape il segnale registrato sul multitraccia, possiamo dire che:
1) Audio input monitor: Stop = Input Play = Tape Rec = Input
E’ utilizzata con musicisti che suonano strumenti acustici, in modo che essi possano ascoltare un missaggio acustico in fase di play tra quello che sentono in cuffia e ciò che suonano.
2) Input only monitor. Stop = Input Play = Input Rec = Input
E’ utilizzata per strumenti muti (tastiere etc…)

I PROCESSORI

I processori vengono divisi in tre categorie in base all’ambito su cui agiscono. I processori di dinamica (compressore, limiter, expander, gate) agiscono quindi sul piano delle ampiezze, mentre i processori di spettro (eq grafico, enchancer, exciter) su quello timbrico. Queste due prime tecnologie si basano su un collegamento in serie (detto insert), ovvero collegando il processore all’interno del percorso del segnale, andandolo a modificare. Nei processori di effetto ( di ambiente, di ritardo, di modulazione) invece il frutto del collegamento del segnale è affiancato al segnale originale, e si tratta dunque di un segnale non distruttivo. Il collegamento insert a sua volta è suddiviso in due tipologie: nel professionale il collegamento è presente tra preampliicatore ed equalizzatore, e permette di inserire un processore per la modifica del segnale. E’ costituito da un out send e da un in return, e sfrutta connettori jack trs bilanciati. Essendo il segnale bilanciato bisogna sottolineare il fatto che tra preamplificatore e send è presente un bilanciatore (perchè internamente il mixer lavora segnali sbilanciati), mentre rta return ed equalizzatore si trova uno sbilanciatore. E’ inoltre importante sottolineare la presenza di due pulsanti, uno in grado di disattivare l’insert, e l’altro in grado di spostare il punto di insert prima o dopo l’equalizzatore. Tra send e return esiste un collegamento seminormalizzato.
Nel collegamento semiprofessionale viene sfruttato un cavo a Y con connettore TRS in grado di trasportare sia il segnale di send (uscente dal mixer e giungente al processore) che il segnale di return (uscente dal processore e giungente al mixer).
L’insert (sia professionale che semiprofessionale) può essere utilizzato anche per collegare un preamplificatore esterno (in caso questo sia migliore di quello integrato nel mixer). Infine l’insert può essere utilizzato come direct out nei mixer live semiprofessionali.

Per capire il funzionamento dei processori di dinamica, bisogna definire quest’ultima come differenza tra il valore massimo e il valore minimo del fenomeno audio misurato in un arco di tempo. La dinamica differisce dal volume, che è invece la misura istantanea del fenomeno acustico. La dinamica tecnica è la dinamica potenziale di uno strumento o di un dispositivo. Nel caso del multitraccia, per esempio, il segnale minimo è quello appena piu alto del rumore di fondo (-40), mentre il limite massimo è il livello appena prima della distorsione (+10), quindi si ha una dinamica di 50 db. L’esigenza di comprimere deriva dal fatto che la dinamica percepita dall’ascoltatore è diversa (inferiore) alla dinamica di esecuzione, in quanto questa si riduce in presenza del rumore di fondo.
Volendo per esempio ascoltando una canzone, con un forte rumore di fondo nella stessa stanza ( ex aspirapolvere) per percepire pienamente la traccia occorrerebbe alzare il volume, ma così facendo si rieschia di sforare il limite di dinamica dello stereo, causando distorsione. Occorre quindi comprimere la canzone, rendendone le ampiezze più “omogenee”, e successivamente amplificarla, in modo che la sua dinamica ridotta superi il livello di rumore di fondo, senza sforare nella distorsione.

IL COMPRESSORE

Il compressore è un processore che riduce la dinamica schiacciando il segnale dall’alto verso il basso, ed è utilizzabile per tre diverse applicazioni:

1) Contenere picchi del segnale : il compressore livella i picchi per rendere il segnale piu lavorabile. Viene stabilita una soglia di intervento, detta treshold, indicante il livello oltre il quale comincia la compressione. Al di sotto di tale livello il segnale resta inalterato. La quantità di compressione viene gestita tramite il parametro Ratio, definito come il rapporto tra in e out nel compressore (per esempio avendo una ratio di 2:1 il segnale oltre il treshold viene compresso di metà). Aumentando la ratio aumenta la quantità di intervento.

2) Migliorare intelligibilità del segnale: utilizzata per dare rilievo a strumenti solisti e voci, che non devono quindi restare fusi all’interno del mix. Nel caso di una voce da porre al di sopra di una base, quest’ultima può essere interpetata come rumore di fondo, in grado di coprire e non rendere percettibili le parti di voce ad un ampiezza ridotta. In questo caso occorre impostare il treshold e ratio sulla voce, in modo da comprimere i picchi, e successivamente amplifico il segnale vocale tramite un terzo parametro detto output, make up o gain, portando il segnale comprsso sopra il livello della base, senza però superare i picchi originali.

3) Modificare la timbrica: utilizzata per ottenere un efetto timbrico portando alla luce, per esempio, particolari della voce altrmenti meno percettibili. Un altro esempio di utilizzo si può compiere sul suono percussivo di una cassa, dotato di un attacco (ricco di frequenze medio alte), di un corpo (dotato di basse frequenze basse dovute al rimbombo della cassa stessa) e di una coda (ricca di frequenze medio basse dovute alle due pelli che risuonano). Ponendo il treshold subito al di sotto della marte centrale, comprimendo tutto ciò che ne sta al di sopra, per poi amplificare, si ottiene un accentuamentoo del corpo della cassa (ottenendo quindi una modificazione timbrica), ma anche un aumento della dirata nel tempo della cassa.
L’indicatore Gain reduction indica quanti db vengono persi nella compressione ad ogni istante, e serve a capire quanti db devo recuperare tramite l’output.
Nel grafico di compressione il rotation point indica il punto in cui la retta di compressione cambia direzione. La zona attorno a questo punto è definita knee, ed è un parametro del compressore indicante quanto bruscamente cambia direzione la retta di compressione. Sfruttando un hard knee il cambiamento è netto (è utilizzato nei suoni percussivi), utilizzando un soft knee il cambiamento di direzione viene addolcito (utilizzato per voce, strumenti a corda, fiati).

FUNZIONAMENTO GRAFICO E MATEMATICO DEL COMPRESSORE

Ipotiziamo un treshold di -10 dB e una ratio di 2 : 1. Introducendo un livello d’ingresso qualsiasi, per esempio input = -4, bisogna innanzitutto calcolare di quando dB superiamo la soglia tramite la seguente formula IN COMP (6) = INPUT LEVEL (-4) – TRESHOLD (-10). Per calcolare il risultato della compressione sfrutto la seguente formula OUT COMP (3) = IN COMP (6) / n (2) dove n equivale al primo valore della ratio. A questo punto l’output level si calcola facendo OUTPUT LEVEL (-7) = TRESHOLD (-10) + OUT COMP (3). Rappresentando l’output level sull’asse delle ordinate e incrociandolo con l’input level ottengo la retta di compressione. Il gain reduction si calcola col la formula GAIN REDUCTION (3) = INPUT LEVEL (-4) – OUTPUT LEVEL (-7)

Durante la compressione di un suono percussivo, sminuendo l’attacco a favore del corpo e della coda, si rischia di perdere il carattere timbrico delo strumento, dovuto in larga parte proprio all’attacco. Per questo motivo introduciamo il parametro attack, ovvero il tempo reale che intercorre tra il superamento della soglia e l’inizio della compressione. Il tempo che intercorre tra la discesa sotto la soglia e la fine della compressione è dettoinvece release. Una volta superata la soglia il compressore non smette di agire, ma continua per tutto il tempo impostato dul release. Aumentando il release si ottiene un suono piu asciutto perchè la coda tende ad attenuarsi. Una volta impostati tali parametri occorre amplificare il segnale tramite l’output.

SCHEMA A BLOCCHI DEL COMPRESSORE

Il segnale entrante nel compressore si dimezza: una parte giunge al compressore vero e proprio, mentre l’altra viene mandata al detector (circuito che analizza il segnale in ingresso e stabilisce se il segnale ha superato o meno la soglia). Se il segnale supera la soglia il detector manda un segnale di controllo al compressore, obbligandolo a comprimere. Da questo si capisce che il parametro treshold agisce sul detector, mentre il parametro ratio agisce sul compressore. Il segnale esce dal compressore e si dirige al gain e successivamente all’output. Il side chain è il punto di insert nel percorso che va dall’input al detector, e serve per inserire un processore che modifichiil segnale letto dal detector. Un esempio di utilizzo è il de-esser (processore che attenua le sibilanti della voce). Le S si trovavo solitamente tra 1k e 5k hertz. Per localizzare la frequenza esatta su cui agire, tramite equalizzatore esalto le medie, e successivamente muovo la frequenza fino a capire in che parte dello spettro si trovano le S. Successivamente inseriamo un graphic eq nel send del compressore, ed esalto al massimo la frequenza trovata. Il detector legge il segnale con molti dB in piu sulle esse, e impone al compressore di comprimere tali S anche se nel segnale audio arrivante al compressore se S non sono state amplificate.
Il key input è un ingresso per un segnale esterno totalmente diverso dal segnale che verrà efettivamente compresso, in mdo da ingannare il detector. Per esempio se ho una chitarra che copre il rullante, metto il rullante nel key input, e quando il segnale del rullante giunge al detector la chitarra viene compressata.
Con l’ingresso in key input di un segnale pilota accio in modo che il detector autorizzi la compressione del segnale input che infastidisce il segnale pilota.
Esiste inoltre un pulsante volto a selezionare l’utilizzo classico, o come key input, dell’insert .

IL LIMITER

Il limiter è un comrpessore estremo, che impedisce al segnale in ingresso di superare la soglia impostata. E’ utilizzato prevalentemente a protezione dei dispositivi ad esso collegati, ed ha quindi un azione esclusivamente tecnica. Per svolgere questa funzione è caratterizzato da una ratio impostata su infinito : 1, di conseguenza dato che per calcolare il segnale in uscita dal dispositivo bisogna dividere il segnale in ingresso per il valore della ratio, il risultato del segnale uscente che supera la soglia, sarà quello della soglia stessa (in quanto ogni numero diviso infinito fa zero). Percettivamente il suo utilizzo da l’impressione di una bella salita, ma il segnale viene poi soffocato. Per questo motivo non dovrebbe essere mai utilizzato, se non come protezione dei finali nei live. L’unico parametro fondamentale del limiter è la soglia, affiancata talvolta dal parametro attack. Quest’ultimo viene utilizzato in quanto gli amplificatori sono caratterizzati da una potenza continua ( il livello che l’amplificatore può reggere) e da una potenza di picco (ovvero il livello pari al doppio della potenza continua e che l’amplificatore può reggere ma soltanto per alcuni millisecondi). Senza attacco il limiter impedirebbe questi picchi, per questa ragione, tramite il parametro attack la compressione comincia qualche millisecondo dopo il picco, per lasciare un minimo di dinamica. Nello studio il limiter è posizionato tra mixer e multitraccia per evitare la distorsione durante la registrazione.

L’ EXPANDER

Si tratta di un processore che aumenta la dinamica schiacciando verso il basso il segnale al di sotto della soglia. La quantità di espansione è determinata dal parametro ratio (1:n). Avendo per esempio una ratio 1:2 il segnale al di sotto della soglia viene schiacciato della sua metà.
L’expander trova principalmente tre utilizzi:
1) Utilizzato esclusivamente per aumentare la dinamica. Nel caso in cui nella fase di mixaggio ci si rende conto che uno strumento è stato suonato con poca dinamica ed espressività, si possono accentuare tali caratteristiche.
2) Utilizzato come riduttore del rumore di fondo. In questo caso occorre tenere presente che l’expander agisce anche sul segnale audio a livello basso, e non soltanto sul rumore di fondo, dando luogo a un suono piu asciutto. E’ importante sottolineare che, a differenza di quella del gate, l’azione dell’expander è dinamica, ovvero si muove assieme al segnale.
3)Utilizzato per modellare inviluppo di segnali percussivi, particolarmente sulla cosa. Per quanto si sforzi, un compressore può soltanto rendere la cosa piu asciutta oripida, mentre con l’expander posso lavorarla maggiormente, o addirittura eliminarla, agendo sui parametri attack e release.
Viene definito attacco (ms) il tempo impegato dal vca per fare un fade in sul segnale al di sopra della soglia, viene definito release (sec) il tempo impiegato dal vca per fare il fade out sul segnale al di sotto della soglia (sul release posso decidere quanto dura la coda).
Matematicamente, avendo una ratio, un treshold e un input level, per ottenere il segnale in uscita occorre innanzitutto calcolare lo sforamento IN, dato dalla differenza tra INPUT LEVEL e TRESHOLD. Per trovare l’out è utilizzata la seguente formula OUT = IN x N (dove N è il valore della ratio). Per calcolare l’output level occorre utilizzare questa formula OUTPUT LEVEL = TRESH – OUT. Il gain reduct è dato invece da GAIN = INPUT LEVEL – OUTPUT LEVEL..
Anche nell’expander è presente il parametro KNEE.
Nell’expander il release ha effetti diretti sull’inviluppo: se imposto due secondi, dopo due secondi finisce la coda, mentre con un compressore terminerebbe soltanto la compressione.

IL GATE

Il gate è un expander estremo, che esclude il segnale al di sotto della soglia in modo drastico (attenuazione a meno infinito). Il rapporto di espansione è quindi impostato su 1 : infinito.
Data la sua funzione non può essere usato su segnali continui nel tempo in quando verrebbero escluse parti del segnale. Non è utilizzato per dinamica ma soltanto per escludere rumori di fondo particolarmente su suoni percussivi.
Per esempio nel tom della batteria, la coda tende a svanire confondendosi nel rumore di fondo. La prima cosa da fare in una situazione del genere è impostare la treshold subito al di sopra del rumore di fondo, causando però un taglio netto della cosa del tom. Occorre quindi impostare il parametro HOLD, mandando in bypass il gate per qualche secondo, una volta che il segnale sia sceso al di sotto della soglia. Viene infatti definitoo hold il tempo che intercorre tra la discesa del segnale al di sotto della soglia e l’attivazione del gate. Così facendo si ottiene una coda comunque tagliata, ed è quindi opportuno utilizzare il parametro release, ovvero il tempo impegato dal vca per effettuare il fade out alla fine del tempo di out.
Così facendo però la parte di attacco del tom al di sotto della soglia viene mozzata, dando origine a un clip. Viene dunque utilizzato anche in questo caso un parametro attack, definito come il tempo impegato dal vca per fare un fade in sul segnale superata la soglia.
L’ultimo parametro da considerare è il range, che si esprime in decibel. Indica quanti decibels di attenuazione ha il segnale al di sotto della soglia (nel caso dei un gate puro sono infiniti). Se per ipotesi il range fosse 20, si avrebbe una ttenuazione di tutto ciò che si trova al di sotto della soglia di 20 dB.
Per questo motivo il gate differisce dall’expander. Mentre l’expander lavora dinamicamente al di sotto della soglia, il gate lavora staticamente (attenuazione fissa). Il parametro di attacco sia sul gate che sull’expander lavora dal superamento della soglia. Sotto la soglia il gate ha una salita a tempozero, mentre l’expander irripidisce la salita. Infine il gate è consigliabile per strumenti poveri di dinamica ed ha un azione drastica sul rumore di fondo, mentre l’expander è consigliabile per strumenti ricchi di dinamica, ma non ha tale azione drastica sul rumore.
Tramite send e return nel gate è possibile inserire processori in modo da far giungere segnali differenti al detector del gate. Se per esempio il micro del tom riprende i charleston, inserendo un filtro passa basso tra send e return, il gate non si apre (in quanto il filtro taglia i charleston). Un altro utilizzo è quello di far giungeere al detector tramite il key input il segnale del kick, e al gate il segnale del basso, in modo che si senta il basso soltanto quaando viene suonato il kick.

EQUALIZZATORE GRAFICO

E’ un processore che modifica la timbrica del segnale intervenendo su un numero di bande di frequenza variabile da 3 a 31. Tali frequenze sono impostare dal costruttore e l’unico parametro accessibile è l’ampiezza. Si divide in due tipologie, a Q fissa (dove Q è impostata ad un valore del costruttore ed è indipendente dall’intervento d’ampiezza) e a Q variabile (dove la Q aumenta proporzionalmente all’aumentare dell’intervento d’ampiezza). Il più utilizato è l’equalizzatore grafico a 31 bande, detto a terzi d’ottava (perchè ogni ottava è divisa in 3 bande di frequenza).
Viene utilizzato quasi esclusivamente nei live, sia in sala che su palco. In sala viene utilizzato in insert sul master, per correggere l’ambiente e fare il suono dell’impianto (mando sull’impianto un pink noise, poi con un micro di misurazione e un analizzatore di spettro controllo la risposta del sistema impianto-ambiente). Sul palco è utilizzato in insert sulle ausiliarie, per eliminare i feedback (si alza il monitor al massimo finchè non part il fischio, ovvero una frequenza sinusoidale che può essere attenuata tramite eq). Un altra applicazione si ottiene sui microfoni multidirezionali Levalier (collarino dei presentatori).
L’equalizzatore graico dispone di una serie di accessori:
1) Range: è un pulsante a due posizioni per variare da più o meno 12 a più o meno 6 decibels. Posso impostare questi due valori di guadagno a parità di escursione di fader dell’ampiezza.
2) Output: permette di aggiustare in guadagno o attenuazione il livello di uscita dall’eq.
3) Filtri passa alto/basso, regolabili e non.

ENHANCER

Processore che sfrutta un principio di psicoacustica per ottenere risultati timbrici, in particolare enfatizzazione delle alte frequenze. Tale principio afferma che date N sorgenti allo stesso volume, verrà percepita come piu alta la sorgente che temporalmente arriva prima.
Il segnale entra in un crossover, viene diviso, e i bassi e medi vengono ritardati (delay), mentre le alte vengono compresse per sottolineare l’effetto presenza. Le bande vengono poi riunite in un mixer interno, e in questo modo si percepiscono maggiormente le alte. E’ utilizzato soprattutto in fase di mastering e lavora su timbri già ricchi di alte frequenze.
I parametri sono il livello di enhancement (decido quanto agire) e il bass boost, un equalizzatore sulle basse utilizzato per compensare eventuali mancanze delle stesse.

EXCITER

E’ un processore che rinvigorisce segnali particolarmente poveri di medio/alte frequenze. Tale effetto è ottenuto tramite la generazione di armoniche aggiuntive provenienti dalla saturazione controllata. In termini più semplici, prende una parte di medi frequenze e la fa saturare, dalla saturazione scaturiscono armoniche che si aggiungono al timbro originale e occupano la parte “vuota”.
Il cervello umano accetta queste requenze come facenti parte del timbro originale. Si può utilizzare anche in mastering o su gruppi di canali già ricchi di medio alte, e in questo caso si ottiene una sonorità aggressiva sgranata, pungente, frizzante, acida e metallica. Fisicamente il segnale viene diviso in due parti, una resta intatta mentre una viene processata. Quest’ultima entra nel tune (filtro passa banda) e successivamente ad un generatore di armoniche (HG), controllato dal parametro drive, che stabilisce la quantità di armoniche. Il segnale processato viene ricongiunto al non preocessato e gestito dal parametro mix (percentuale, bilanciamento dry/ wet sui due canali)

I PROCESSORI D’EFFETTO

Si divisono in varie tipologie:

– Ambiente (riverbero)
– Ritardo (eco, delay)
– Modulazione, che a sua volta si divide in Ritardo (vibrato, phaser, flanger, chorus) e Ampliezza (tremolo). Vibrato e tremolo sono gli unici utilizzati in insert.

RIVERBERO

E’ un fenomeno naturale che si verifica quando onde di pressione sonora colpiscono le superfici circostanti. Le onde di riflessione generate da questo impatto creano un moto caotico definito effetto riverbero. Il suono diretto, ovvero le onde di pressione emesse dalla sorgente, viene in parte assorbito dalle pareti, e in parte riflesso. Queste prime riflessioni , singolarmente distinguibili e fondamentali in quanto conservano il carattere del suono originale, si scontrano con le pareti creando altre riflessioni. Le migliaia di riflessioni generate dalle prime, si diffondo caoticamente nell’ambiente generando un cosddetto campo riverberato.
E’ detto pre delay il tempo tra l’impulso e le prime riflessioni.
La durata del riverbero è proporzionale alle dimensioni dell’ambiente ma anche all’impulso. Per calcolare il riverbero di un determinato ambiente è stata introdotta la legge dell’ rt60 (reverb time 60 db), che dice che la durata del riverbero corrisponde al tempo impiegato dall’impulso sorgente ad attenuarsi di 60 db (tramite questa regola il riverbero non dipende piu dall’impulso).
E’ detta distanza critica il punto in cui si equivalgono in ampiezza il suono diretto e quello riverberato. Oltre la distanza critica è arischio l’intelleggibilità del segnale.
Quando un onda colpisce una parete alcune frequenze vengono smorzate piu di altre, particolarmente le alte. In ambienti piccoli le alte resistono quasi quanto le basse.
Macchine per creare riverbero: camere di riverbero (echo chamber), riverbero a molla (spring reverb), riverbero a piastra (plate reverb) e riverbero a tubi (tube reverb).
I parametri fondamentali di un riverbero sono il reverb time (sec) il predilay ( ms) e early reflection (percentuale).

I preset principali sono room, chamber, hall, concert hall, church, stage, gate reverb.

ECO

E’ un fenomeno naturale che si verifica quando l’onda di pressione sonora colpisce la parete di fronte alla sorgente. SI generano cosi una o piu riflessioni assolutamente distinguibili e timbricamente simili all’originale.
Per simulare questo effetto è stato inizialmente inventato l’eco a nastro, costituito da una sorta di anello di nastro che ruotando trova lungo il suo percorso una testina di cancellazione (detta erase head, volta a ripulire il nastro), una testina di registrazione (detta rec head, che riceve il segnale dalla aux del mixer). Il segnale registrato viene succesivamente letto da una delle 3 testine di riproduzione (play head).
Il tempo impiegato dal nastro per andare dalla testina di registrazione a quella di riproduzione è il tempo di riardo. Per avere più ripetizioni utilizzo un circuito retroattivo di feedback che stabilisce la quantità di segnale riprodotto da rimettere in registrazione (si misura in percentuale, più aumento il feedback piu aumentano le ripetizioni).
Grazie ai limiti tecnologici della registrazione analogica su nastro l’eco a nastro risulta molto simile all’eco naturale (la timbrica si deteriora).

DELAY

Dispositivo digitale basato sul campionamento che genera uno o più ritardi copia dell’originale. Nel delay la timbrica non cambia. Il segnale entrante nel dispositivo viene innanzitutto convertito in digitale. I byte vengono depositati nel buffer di memoria (parcheggio temporaneo dati). Il tempo di permanenza dell’info nel buffer è stabilito dal delay time. Scaduto il tempo di delay le informazioni escono dal buffer, vengono convertite in analogico e portate all’uscita.
I delay vennero intrdotti a fine anni 70 con frequenze di campionamento basse, a differenza di ora in cui sono decisamente aumentato.
Eco a nastro e delay devono essere assolutamente utilizzati a tempo sul bpm del brano. Per sapere il delay preciso sul quarto utilizzo la seguente formula. Delay time = 60/ bpm
Negli ultimi anni sono stati aggiunti nel delay due parametri: bpm e figura ritmica. Il tap è invece un parametro del delay che permtte, permuto ripetutamente a tempo con il pezzo di identificare il tempo del pezzo.
I vari tipi di delay comprendono mono delay( funziona come eco a nastro) stereo delay (permette di impostare valori di feedback, figure ritmiche diverse in left e right) delay rcr (left center rigth) e ping pong delay (mono con un lo che modula il pan pott sull’uscita).
Applicazioni : utilizzato su sillabe a volte teminali della strofa agendo in tempo reale sulla mandata ausiliaria, oppure continuo sullo strumento con relativa mandata aperta.

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